di e con Alessio Di Modica
ai pupazzi Corrado Portuesi
AreaTeatro  alessiodimodica.com

C’era un piccolo villaggio di pescatori, di uomini belli e forti che vivevano a contatto con il mare, che lavoravano con fatica e senza sosta, uomini che partivano per mari lontani a remi, solo con due vele; uomini con baffi lunghissimi che tramandavano ai figli i segreti del mestiere, uomini che vivevano le loro giornate così come noi oggi immaginiamo avventure fantastiche e invece era solo il loro duro lavoro.
Lo scazzubulo è un pesce furbo e intelligente, difficile da pescare, e chi lo vede vuol dire che non è più un ragazzo ma è diventato uomo. Questa è la storia di un figlio di pescatore Ciano che vede lo scazzubulo.

Ciano unico figlio maschio del pescatore più esperto del villaggio, Stachiu i mari u cunzaru, da piccolo non vede l’ora di partire per la pesca dei merluzzi; i cunzari erano i pescatori più esperti tanto da spingersi fino in Calabria a remi. Arriva l’estate e si parte, la zia Mariuzza madre “tinta” che al figlio indesiderato ci leva “u ciauto” e la voglia di giocare, non lo saluta nemmeno. Poco importa perché Ciano è felice di partire, ma crescendo il mal tempo, la vita dura, le storie paurose degli adulti e infine l’uso del primo motore gli mettono addosso un malessere che diventa mal di mare, e per Stachiu i mari suo figlio “nun è bonu” grande è la vergogna del padre, due sono le soluzioni farlo monaco o mandarlo al mercato a “vanniare” per vendere il pesce per espiarela propria colpa di non essere un buon pescatore. Ciano decide per la seconda e attraverso i suoi occhi di figlio traditore il paese cambierà a pocoe lui sarà testimone diretto della fine dei pescatori… …della fine di un mare che metro su metro cede la sua ricchezza e la sua bellezza al progresso industriale… Da Augusta a Marzamemi, da Genova a Minimata (Giappone), da Portopalo al Venezuela… Vorremmo consegnare alla memoria un mondo che non c’è più e i cui ultimi testimoni sono sempre di meno.

La nostra motivazione principale viene proprio dai pescatori di Augusta che esprimono fortemente la loro rabbia nel vedere un mare di ricco di una varietà infinita di pesci (così come erano infinite i tipi di pesca che le famiglie tramandavano di padre in figlio) non più come prima, la loro voglia e la loro necessità di tramandare il ricordo del loro mestiere alle nuove generazioni, compreso ai loro figli che adesso sono Ingegneri, Informatici, Operai, Impiegati . Non vogliamo spiegare le tecniche o i segreti dei pescatori, anche se qualcosa sveleremo, nulla di questo è utile in questi tempi… ma da lì veniamo, di quel duro lavoro siamo i figli…

Attraverso il cunto, il clown e il teatro di figura si racconta la storia degli ultimi pescatori di questo borgo, con loro miti e le leggende del paese il paesaggio che cambia ma è sempre quella, la scomparsa dei mestieri e il cambiamento che questo porta. Il cunto è il filo conduttore dello spettacolo, il clown lo accompagna e il teatro di figura lo attraversa con le immagini di cui erano capaci solo bambini senza tv. Il ritmo del mare accompagna il ritmo dello spettacolo per starci dentro a vele spiegate oppure perdersi naufragando tra il pubblico.